I Protagonisti

I Partigiani
Alla Resistenza presero parte gruppi organizzati e spontanei di diverse estrazioni politiche, uniti nel comune intento di opporsi militarmente (dove possibile collaborando con le truppe alleate) e politicamente al governo della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e degli occupanti della Germania nazista: la "guerra partigiana", si concluse il 25 aprile 1945, quando l'insurrezione armata proclamata dal Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia (CLNAI) consentì di prendere il controllo di quasi tutte le città del nord del paese. La resa incondizionata dell'esercito tedesco si ebbe il 29 aprile, anche se in alcune città come Genova le forze tedesche si erano già arrese alle milizie partigiane nei giorni precedenti.
La Resistenza affonda le sue radici nel periodo che va dagli anni trenta fino alla fine della guerra, quando già esistevano deboli forme di opposizione alla dittatura di Benito Mussolini. Si può considerare che sia esistito anche un movimento resistenziale ante litteramconsistente nell'opposizione anche armata all'ascesa del fascismo e alle azioni delle squadre d'azione, tentata negli anni venti in particolare dalle forze di sinistra (socialisti, comunisti, anarchici, sindacati).[8]

Il movimento partigiano, prima raggruppato in bande autonome, fu successivamente principalmente organizzato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), guidato da Ivanoe Bonomi, diviso in CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), con sede nella Milano occupata, e il CLNC (Comitato di Liberazione Nazionale Centrale). Il CLNAI, presieduto dal 1943 al 1945 da Alfredo Pizzoni, coordinò la lotta armata nell'Italia occupata, condotta da formazioni denominatebrigate e divisioni, quali le Brigate Garibaldi, costituite su iniziativa del partito comunista; le Brigate Matteotti, legate al partito socialista; le Brigate Giustizia e Libertà, legate al Partito d'Azione; le Brigate Autonome, composte principalmente di ex-militari e prive di rappresentanza politica, talvolta simpatizzanti per lamonarchia.
Operanti al di fuori del CLN ma di qualche importanza, dal punto di vista militare, agivano forti formazioni partigiane anarchiche anche se localistiche come le Brigate Bruzzi Malatesta (che talvoltamantenevano i rapporti di intervento armato solo con certe formazioni di impostazione politica legate a Giustizia e Libertà e al PSI come le Brigate Matteotti e alla formazione romana sempre diGiustizia e Libertà a comando di Vincenzo Baldazzi, per esempio). Dove i libertari non riuscivano a far formazioni autonome confluivano nelle Brigate Garibaldi, esemplare è il caso di Emilio Canzi, soprannominato il colonnello anarchico comandante unico delle XIII zona operativa del piacentino[12]. Altre formazioni che agivano militarmente fuori o non direttamente agli ordini del CLN furonoBandiera Rossa Roma che ebbe 68 militanti trucidati alle fosse Ardeatine, numero rilevantissimo essendo poco meno di un quinto del totale degli uccisi[13], (numericamente la più forte formazione partigiana che agiva nella capitale di cui furono riconosciuti in modo ufficiale 1185 miliziani[14]). I partigiani di Bandiera Rossa Roma agivano spesso con quelli della "banda del gobbo" (il "Gobbo" era legato politicamente al PSI nella persona di Pietro Nenni). Inoltre ancora al di fuori del CLN (mantenendo o meno collegamenti per questioni operative) per quanto riguarda i partigiani anarchici agivanomolte formazioni libertarie che operavano nell'alta Toscana come il Battaglione Lucetti e la Elio Lunense[15], ad esempio, e diverse formazioni autonome SAP di indirizzo libertario operavano a Genova e nel ponente ligure. A Genova l'inizio armato delle ostilità verso i nazifascisti è da ascrivere, con altissima probabilità, ad un gruppo ancora non organizzato di comunisti libertari di Sestri[16], altresì completamente al di fuori del CLN operavano gli autonomi di Mauri del 1º Gruppo Divisioni Alpine, e la XI Zona Patrioti guidata dal Comandante Manrico Ducceschi "Pippo", dichiaratamente impostata in maniera apolitica con il solo denominatore comune della lotta ad oltranza contro i nazifascisti.
Dall'8 settembre 1943 (data della proclamazione dell'armistizio e conseguente proclama Badoglio) al 25 aprile 1945 il territorio italiano occupato dai nazisti visse una vera e propria guerra nelle retrovie. L'azione della Resistenza italiana come guerra patriottica di liberazione dall'occupazione tedesca, implicava anche la lotta armata contro i fascisti e gli aderenti alla RSI che sostenevano gli occupanti.
L'inizio vero e proprio della Resistenza è difficile da individuare e dipende dall'impostazione storica che si vuol dare: se puntualizzante sul periodo resistenziale o comprendente le fasi di antifascismo sia militare che clandestino che precedettero il periodo dell'8 settembre del 1943, certo è che gli scioperi operai del marzo del 1943 dimostrarono che era possibile opporsi al regime fascista arrivando a minare in modo pesantissimo la credibilità di Mussolini e ciò fu il preludio della sua messa fuori gioco del 25 luglio. È chiaro che furono proprio le sofferenze e privazioni sopportate dalle fasce meno abbienti della popolazione a causa della guerra, ad innescare il meccanismo dei grandi scioperi. D'altro canto molti storici indicano come inizio della Resistenza la fase della Guerra di Spagna o ancora la lotta antifascista militare temporalmente a cavallo degli anni venti ed il successivo "fuoriuscitismo" (ovvero emigrazione forzata per evitare carcere o peggio) che giust'appunto mantenne vivo il fermento antifascista e confluì, in larga parte, nella milizia antifascista nella guerra di Spagna. Ad essere coinvolti in quella che viene anche chiamata guerra partigiana, si calcola siano stati dalle poche migliaia nell'autunno del 1943 fino ai circa 300.000 dell'aprile del 1945 gli uomini armati che, specialmente nelle zone montuose del centro-nord del Paese, svolsero attività di guerriglia e controllo del territorio che via via veniva liberato dai nazifascisti.
Nell'Italia centro-meridionale il movimento partigiano non ebbe altrettanta crucialità militare, sebbene nelle aree conquistate dagli Alleati nella loro avanzata verso settentrione si riunissero i principali esponenti politici che da lontano coordinavano le azioni militari partigiane, insieme alle armate alleate. Infatti l'esercito angloamericano aveva sospinto sulla linea Gustav già dal 12 ottobre 1943 le forze tedesche che risalivano verso il nord.
Con mezza penisola liberata e la restante parte ancora da liberare, con violente tensioni sociali ed importanti scioperi operai che già nella primavera del 1944 avevano paralizzato le maggiori città industriali (Milano, Torino e Genova), le popolazioni dell'Italia settentrionale si preparavano a trascorrere l'inverno più lungo e più duro, quello del 1945. Sulle montagne della Valsesia, sulle colline delle Langhe e sulle asperità dell'Appennino Ligure e dell'Appennino Tosco-Emiliano le formazioni partigiane erano ormai pronte a combattere.
Il 29 aprile la resistenza italiana ebbe formalmente termine, con la resa incondizionata dell'esercito tedesco, e i partigiani assunsero pieni poteri civili e militari.