Cinematografia

Tutti i film del dopoguerra raccontarono la Resistenza portando sullo schermo i medesimi protagonisti, la medesima società e le medesime circostanze.
La differenza stava nel modo in cui gli elementi erano messi in scena, ossia nel diverso modello storiografico proposto. Dalle opere realizzate negli anni dal 1945 al 1949 emergono sostanzialmente due concezioni storiografìche: la Resistenza come lotta popolare interclassista, vista come "l'impeto unanime di una nazione compatta non solo nel rifiuto dell'oppressione ma anche nell'azione militare", in cui il popolo appare come una massa indifferenziata, portatrice di valori generici, quali la solidarietà e l'umanità, e la Resistenza come una fase significativa dello scontro di classe, in cui il popolo, invece, è più articolato e composto da gruppi ben definiti, tutti sostenitori di precise rivendicazioni sociali e politiche: gli operai, i contadini - che si distinguono a loro volta in affittuari e salariati - i piccoli borghesi sfollati.
Le categorie messe in scena dal cinema resistenziale del dopoguerra sono dunque quella della lotta di Liberazione, che coinvolge un intero popolo, e quella della lotta di classe.
E’ praticamente assente l'immagine della Resistenza come guerra civile - scontro di italiani contro italiani -, come testimonia il diverso ruolo assegnato nei vari film ai nazisti e ai fascisti. Nella maggior parte dei casi l'avversario principale dei partigiani è il nazista, lo straniero che occupa il suolo nazionale e da cui bisogna liberarsi. Egli è raffigurato come incarnazione del male, nemico del genere umano: verso di lui non si può provare né comprensione né pietà, tanto atroci e disumane sono le sue azioni. I lineamenti rigidi e la statica smorfia dei personaggi tedeschi esprimono tutta la crudeltà di cui il nazismo era capace e si contrappongono all'umanità dei tratti e dei gesti di chi lo combatteva. 
Ad accentuare l'estraneità e l'arroganza degli invasori c'è poi l'espediente linguistico utilizzato in tutti i film: far parlare i tedeschi, tra di loro e con la popolazione, in tedesco, così che il tono aspro e il significato oscuro delle parole li rende ancora più temibili agli occhi degli italiani. I fascisti sono invece quasi del tutto assenti nei film. Quando compaiono, non vengono mai demonizzati o assimilati ai nazisti e si distinguono per la loro mancanza di coscienza politica.

La memoria della Resistenza nel cinema

Ancora prima dell'insurrezione finale dell'aprile 1945 i partiti del CLN cominciano a riflettere sulla possibilità di realizzare documentari da proiettare nelle sale cinematografiche. Nasce così il progetto di Giorni di gloria, sostenuto dalla neonata Associazione nazionale partigiani italiani (ANPI), primo film documentario sulla Resistenza italiana, che contiene immagini riprese sia da operatori partigiani che da autori di film a soggetto: Luchino Visconti filma a Roma il linciaggio del direttore del carcere di Regina Coeli e il processo e la fucilazione del torturatore Koch e del questore Caruso, Giuseppe De Santis e Marcello Pagliero il ritrovamento dei martiri delle Fosse Ardeatine. L'idea, l'organizzazione e il montaggio del film sono a cura di Mario Serandrei, uno dei montatori più importanti del cinema italiano. A Giorni di gloria seguiranno nel 1945 altri film documentari in cui vengono ricostruite e girate immagini di azioni, sabotaggi, combattimenti e marce che in alcuni casi si fa fatica a distinguere dalle originali. Sono sequenze importanti perché testimoniano con grande efficacia l'"immaginario epico" del movimento partigiano nell'atto della sua autorappresentazione, a pochissimi giorni dalla fine della lotta.
Ma la rinascita del cinema italiano e la nascita del cinema resistenziale si chiamano entrambe Roma città aperta. Iniziato a girare nella capitale nell'inverno 1945, mentre nel nord d'Italia si combatte ancora la guerra partigiana, il film di Roberto Rossellini nasce dall'esperienza di vita vissuta dal regista, dallo sceneggiatore Sergio Amidei e da tutta la troupe nella città sotto l'occupazione nazista. Il realismo delle immagini, la freschezza dei dialoghi, la capacità di rappresentare senza alcuna retorica una vicenda collettiva dal carattere insieme epico e drammatico, fanno di questo film un capolavoro della cinematografia di tutti i tempi. Con Roma città aperta si apre la felice stagione cinematografica del neorealismo, che intreccia la sua storia con quella del cinema sulla Resistenza, con i due film Il sole sorge ancora di Aldo Vergano e il secondo film della trilogia della guerra di Rossellini, Paisà.
Accanto a quelli neorealisti vengono realizzati una serie di film a sfondo resistenziale destinati a un pubblico popolare, tra questi: Davanti a lui tremava tutta Roma di Carmine Gallone, Uno tra la folla di Ennio Cerlesi e Il corriere di ferro di Francesco Zavatta, i cui incassi confermano un interesse del grande pubblico del dopoguerra a queste tematiche. I film di Alessandro Blasetti Un giorno nella vita  e di Claudio Camerini Due lettere anonime  testimoniano la volontà, da parte di due autori legati alla fase di sviluppo del cinema italiano voluta dal fascismo e favorita dalla nascita di Cinecittà, di fare i conti con un clima, nel mondo del cinema e nella società, profondamente mutato. Conclude questa prima ondata di film, nel 1947, Anni difficili di Luigi Zampa, che affronta le tematiche legate ai primi anni del dopoguerra dell’epurazione del personale amministrativo dello Stato e della continuità delle istituzioni.
Con la presentazione al festival di Venezia del 1959 del film Il generale Della Rovere di Vittorio De Sica e a Cannes, nel 1960, di Era notte a Roma di Roberto Rossellini si apre una nuova fase. I film riguardanti la guerra di liberazione nel solo 1960 superano di molto quelli realizzati nell'intero decennio precedente. Con una rinnovata libertà stilistica, che però non raggiunge la qualità del neorealismo rosselliniano, vengono realizzati nuovi film. Il dilemma della scelta, in particolare, è presente in Tutti a casa di Luigi Comencini. La lunga notte del '43 di Florestano Vancini  tratta l'inizio della    guerra civile. I film di Dino Risi, Una vita difficile, e di Florestano Vancini, Le stagioni del nostro amore, si sviluppano intorno ai nodi della fine delle illusioni, del reinserimento problematico nella società dopo la stagione partigiana, nell'incontro-scontro fra il “vento del Nord” repubblicano e la Resistenza moderata, di tendenza monarchica. Tra i tanti autori attivi in questa fase ricordiamo: Carlo Lizzani con Il gobbo e L'oro di Roma, Nanny Loy con Le quattro giornate di Napoli, Giuliano Montaldo con Tiro al piccione.
Nel corso degli anni Sessanta viene avviata anche una riflessione critica più generale sul cinema resistenziale che vede impegnati critici cinematografici, partigiani e registi. Negli anni Settanta, in una fase in cui i valori dell'impegno antifascista tornano a essere attuali con la presenza di un pericoloso attivismo neofascista e la buia stagione della “strategia della tensione”, la cinematografia resistenziale ha un ulteriore sviluppo con la realizzazione di Corbari  di Valentino Orsini, Libera, amore mio... di Mauro Bolognini e L'Agnese va a morire di Giuliano Montaldo.
Dai primi anni Ottanta a oggi, così come era accaduto negli anni Cinquanta, si assiste a un crollo delle produzioni cinematografiche sulla Resistenza. Le cause sono diverse: non é la censura, ma la generale crisi del cinema italiano a limitare il numero delle produzioni. I film non superano la decina: tra questi Uomini e no  di Valentino Orsini, La notte di San Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani, La storia  di Luigi Comencini. Un caso a parte è il più recente Celluloide  di Carlo Lizzani, raro esempio in Italia di cinema sul cinema, riguardante la storia del set di Roma Città Aperta. Dopo l'epica neorealista, i lunghi anni della censura e del silenzio e l'interventismo politico degli anni Sessanta e Settanta é la necessità di memoria che  segna profondamente questa ultima stagione di cinema resistenziale.
Memoria e grande attenzione alle vicende politiche contemporanee, al dibattito culturale e a quello storiografico sono chiavi di lettura che ci permettono di comprendere il rapporto che questi film hanno con la storia, quella passata e quella presente. La maggior parte di questi film sono stati prodotti, totalmente o in parte, dalla RAI. La grande protagonista di questi anni é infatti la televisione, che si impone definitivamente come media audiovisivo dominante, sul piano della capacità produttiva e della potenza comunicativa, rispetto al cinema. In televisione, in un palinsesto sempre più vorace che ormai copre l'intera giornata, vengono trasmessi i film dell'epica partigiana, quelli degli anni Sessanta, i documentari storici. Nel corso del 50° della Resistenza nuove produzioni vengono realizzate dal servizio pubblico, dalle sue reti nazionali e sedi regionali.
Ma questo non sempre avviene nel rispetto del rigore scientifico con il quale é necessario trattare argomenti o documenti storici. La tendenza, tutta televisiva, alla semplificazione dei fatti, alla contrapposizione automatica fra buoni e cattivi, all’attualizzazione degli eventi e a un abuso della storia a fini politici, mal s'adatta al confronto con una storioriografia che pone domande oltre a cercare risposte, segue percorsi complessi e non sempre lineari, é attenta ai processi oltre che ai fatti. Con la diffusione dei videoregistratori domestici nasce infine una editoria video promossa da soggetti diversi che é oggi in continuo sviluppo. Si apre così una nuova fase del documentarismo italiano sulla lotta di liberazione si sviluppa nel corso dell'ultimo ventennio e trova, nelle celebrazioni del cinquantenario, ulteriori occasioni di espressione. Nei documentari viene utilizzato diffusamente uno strumento, la videointervista, che conferma la grande esigenza, in questa fase, di un recupero della memoria della Resistenza.

I FILM DEL NEOREALISMO.

TUTTI A CASA
 Il film, diretto da Luigi Comencini, è del 1960. E’ l’8 settembre del 1943 e il sottotenente Alberto Innocenzi, interpretato da Alberto Sordi, viene a saper dell’armistizio, cosi cerca un comando cui presentarsi per gli ordini, ma il comando , ma il comando si separa: alcuni disertano e tornano a casa. Il re e Badoglio sono fuggiti, mentre i tedeschi sono diventati nemici. Il sottotenente, rimasto solo insieme ai soldati Ceccarelli e Fornacciari, ritorna a casa. I tre cambiano gli abiti per non essere  riconosciuti e incontrano un gruppo di partigiani al quale non si uniscono. Assistono anche all’uccisione da parte dei tedeschi di un loro compagno d'armi  che aiuta una ragazza ebrea a fuggire. Quando raggiungono casa di Fornaciari, la moglie ha dato asilo a un soldato americano, e questo fu la causa dell’arresto del padrone di casa. Innocenzi e Ceccarelli scappano e giungono a casa del primo. Qui il sottotenente incontra il padre che vorrebbe farlo arruolare nell’esercito della Repubblica Sociale, ma contrariato fugge con Ceccarelli al sud. A Napoli vengono arrestati dai tedeschi e Ceccarelli viene ucciso a pochi metri da casa mentre provavano a fuggire. In quel momento Innocenzi decide di lottare per la liberazione.

I PICCOLO MAESTRI
 Il film di Daniele Luchetti è ambientato nel 1943. un gruppo di giovani studenti decide di diventare una banda di partigiani e parte per L’Altopiano di Asiago. Al primo rastrellamento il gruppo si disperde e ci sono i primi morti. Il giorno della liberazione contano i vivi e i morti e in e in questo modo si renderanno conto di aver perso una parte importante della vita: i ventenni. I principali protagonisti sono due amici e una ragazza: Simonetta, ragazza di Enrico, ma amata anche da Gigi. Le imprese vengono introdotte da un prologo ambientato nel 1945 in una grotta, sotto forma di flashback.

IL PARTIGIANO JOHNNY
 Il film è di Giulio Chiesa, ambientato ad Alba nei giorni seguenti all’8 settembre 1943. nel nord dell’Italia scoppia la Resistenza contro i nazisti. Johnny appassionato di inglese, si unisce a un gruppo di partigiani in partenza per le Langhe. Si unisce casualmente ai rossi di ispirazione comunista, non per la scelta politica, ma per desiderio di libertà. Anche quando passa agli azzurri, ex soldati delle truppe regie comandati da Nord, sarà solo per sconfiggere i nazisti. Jhonny vive la sua esperienza della Resistenza tra combattimenti, fughe e scontri.